martedì 10 giugno 2014

Renzi, dovevi dimetterti? Non proprio, ma...

Mi è stato gentilmente chiesto di segnalare che per Matteo Renzi fosse giunta l'ora di dimettersi da presidente del consiglio. Dopo che le urne (non solo quelle delle Europee, ma pure quelle del secondo turno delle comunali, qualunque peso si sia disposti a dare a quanto sia successo a Livorno, Perugia e Padova) hanno "lavato" nelle acque del trionfo il peccato originale di come sia arrivato a Palazzo Chigi.

Perché mai? "Perché l'ha detto lui che l'avrebbe fatto". Tuonano (chi altri se non) i deputati del Movimento cinque stelle. In uno dei consueti attacchi quotidiani dal blog del grande capo.


Qualche considerazione. La prima è che, evidentemente per il troppo lavoro, i parlamentari pentastellati hanno il tempo di leggere solo i titoli dei giornali. Altrimenti si sarebbero accorti che, dentro quell'articolo della Stampa, la data riportata nel titolo non c'è. E questo è un problema che attiene alla Stampa, certo, ma anche alla faciloneria di chi si ferma alla prima riga.

Eppur l'ha detta. È vero che l'ha detta. Il titolo è fuorviante, il rimaneggiamento da parte dei pentastellati è ancor più fuorviante. Ma la data c'è. Quella nella quale, secondo il premier, sarebbe stata effettuato il voto in prima lettura della riforma del Senato. Non c'è stato. Difficile anche che ci sia a brevissimo, vista la situazione di stallo. Non era assolutamente messa in relazione, quella data, con una rinuncia all'incarico, quindi si può ritenere legittimamente che il tempo per fare quelle cose che "altrimenti me ne vado" non sia ancora scaduto. È probabile che la scadenza da lui sempre intesa sia il remotissimo 2018. Farebbe meglio a chiarirlo del tutto. Così ci si mette un po' il cuore in pace.

Dato che Renzi, però, sul terreno dell'annuncio roboante è voluto scendere e su quello ha costruito sicuramente parte della sua recente affermazione, va rammentato che di scadenze non proprio rispettate, il presidente del consiglio ne ha inanellate un bel po'. D'altra parte era chiaro fin dall'inizio quanto fossero irrispettabili.

Non che altrove i casi di coerenza si sprechino. Dall'estrema nédestranésinistramaoltre di Grillo, che aveva assicurato, se non avesse ottenuto il millemila per cento alle europee (è vero che si vede poco negli ultimi giorni, ma non è mai abbastanza poco), "me ne vado a casa. E non scherzo" alla sinistra radicale della Barbara Spinelli che "avrebbe rinunciato al seggio di europarlamentare" (s'è visto).

Ora che le elezioni sono lontane (quanto? Davvero quattro anni?), sarebbe persino il caso di svestirsi dei panni di Renzie per riuscire magari perfino a dire "ho sb...ho sbagl...ho sbagliato". Ammettere candidamente che governare è un po' più complicato di quello che immaginasse. O aveva fatto finta di immaginare.

Magari potrebbe perfino riconoscere che la riforma del Senato, così com'è, non dico una cagata pazzesca (a mio modesto parere lo è e su questo c'è un consenso che va ben oltre le più o meno larghe intese, parte da Sel e arriva fino al M5S stesso), ma almeno rivedibile.

Piuttosto che dimettersi, si rimetta A disposizione di un Parlamento che non è scritto su nessuna tavola della legge abbia torto mentre lui ha ragione.


giovedì 8 maggio 2014

Guidi al conflitto di interessi, rigorosamente su mezzi Ducati energia

Sgombriamo il campo da un equivoco? Il conflitto di interessi non nasce con Silvio Berlusconi. È reso, senza dubbio, più macroscopico dall'essere contemporaneamente leader politico, padrone di una larga fetta dell'informazione italiana e da un po' pure condannato in via definitiva, ma altri conflitti più o meno evidenti (e mai affrontati) si celano in ogni rivolo della politica italiana.

Alcuni, non proprio di minuscola portata, sono stati sottolineati anche alla nascita del governo Renzi. Ieri ci ha pensato Guidalberto Guidi a ricordarcene uno, affermando candidamente che "senza Enel, Terna e Ferrovie dello Stato faremmo il 90% del fatturato all'estero". Tre aziende a controllo statale, dunque, sono fondamentali per la Ducati energia, società controllata dalla famiglia di cui fa parte anche Federica Guidi, attuale ministro dello Sviluppo economico che, per carità, dalla nomina ha rinunciato a tutti gli incarichi operativi. Pro tempore ("Doveva essere qui mia figlia, ma ha scelto di fare temporaneamente un altro mestiere, aspetto torni in azienda" ha detto ancora Guidalberto).

Ma...ha già firmato per degli ecoincentivi che certo non dispiacciono alla creatura presieduta da papà (che produce anche veicoli elettrici). E ora si appresta ad assistere dalla sua poltrona a un possibile ingresso in Borsa della medesima. Con qualche perplessità sollevata da Repubblica, con meno enfasi di quanto ci si sarebbe attesi dal Fatto. Vicenda vissuta con assoluto distacco dal Corriere della Sera.

Evidentemente fa molto meno notizia delle curve della Boschi, dello scontrino della Picierno e perfino di una foto sul suo profilo facebook della Bacchiddu (chapeau per aver messo a nudo non se stessa, che nuda non è, ma la pochezza pruriginosa di tanta informazione e opinione pubblica italiana). Ma non dovrebbero essere questi i motivi non dico per indignarsi un tanto a telecamera, ma per muovere delle serie critiche a un sistema che non pare proprio #cambiareverso?

Menzione speciale per il medesimo "pò" che campeggia sulla pagina di Repubblica


E Fatto quotidiano

probabilmente frutto di software di conversione da apostrofi di agenzia, ma ciò non giustifica. Se un giornalista venisse cacciato dall'Ordine non dico alla prima, ma alla quinta cappellata del genere, il problema della disoccupazione nel settore verrebbe risolto.

martedì 6 maggio 2014

Monsanto, il Tar e la realtà mediaticamente modificata

Evviva! Le gambe dei piccoli giudici amministrativi del Lazio non tremano davanti al gigante Monsanto, incarnato per l'occasione nei panni meno impressionanti del piccolo coltivatore friulano Giorgio Fidenato. Che si è visto respingere dal Tar un ricorso contro norme dello Stato che mettono fuori legge i suoi campi coltivati con MON810, mais modificato geneticamente del colosso americano.

Tutti, felici, tutti contenti, tranne il suddetto ricorrente e i vertici della Monsanto. Pure il Movimento 5 stelle, per il quale l'imperatore degli ogm è tra i bersagli preferiti assieme al club Bilderberg e (negli ultimi tempi) Matteo Renzi. Tanto che, sul Blog di Beppe Grillo...

Una vittoria del M5S! Addirittura! Impegnato in prima linea in commissione agricoltura. Dunque ogni tanto qualcosa che non sia urlare in aula lo fanno...già. D'altra parte in commissione non sarebbero a favore di telecamera...a che servirebbe.

Ma...cosa si legge qualche riga più sotto, buttato lì in mezzo. Se fosse pronunciato verrebbe quasi smozzicato. Forse non volevano, forse gli è scappato, però c'è scritto proprio decreto interministeriale.

Già. Il ricorso di Fidenato era contro un decreto ministeriale. Il decreto che stabiliva il divieto di piantare MON810. Non risultando che il M5S abbia mai governato, chi sarà stato mai a emanare quel decreto? Dei veri e propri nemici del popolo grillino: Andrea Orlando (allora ministro dell'Ambiente, ora alla giustizia) , Nunzia De Girolamo (prima di cadere in disgrazie che si è creata con la sua bocca ministro dell'Agricoltura) e Beatrice Lorenzin (allora e tuttora ministro della Salute). Come si può leggere qui. Quando? Il 12 luglio 2013. Sei giorni dopo, sul blog di Beppe Grillo, quel provvedimento veniva salutato così:

Ricapitolando, quanto contenuto in un decreto meno di un anno fa "farsa", è diventato "vittoria del M5S" una volta difeso dal Tar. Da allora non è cambiato di una virgola, ovviamente. Ed è vero che, giustamente, tuttora si fa notare che resta altro da fare perché la norma ha 18 mesi di vita, che all'inizio del 2015 finiranno. E per allora dovrà essere chiara la posizione europea e si auspica si giunga a una normativa italiana definitiva. Ma è altrettanto chiaro che la versione farlocca con la quale viene offerta in pasto al pubblico la faccenda è, ancora una volta, pura propaganda. Nell'occasione, dato lo scarso risalto, per cementare i propri più che per guadagnare altro pubblico adorante. Occorrerebbe una norma anche per impedire di modificare mediaticamente la realtà.

sabato 3 maggio 2014

Dei rocker bolliti che si fanno profeti

No, qui le notizie non c'entrano niente. Al massimo la non notizia è che il concertone del Primo Maggio è la triste parodia di se stesso. Riproporlo sembra accanimento terapeutico. Questa è pura opinione personale e allora cambiamo colore. Non c'è necessariamente cattiva musica, anche se pure nelle selezioni qualcosa da dire ci sarebbe.Tipo che c'era Rocco Hunt. Oh, dico. Rocco Hunt! Ma cacchiarola, una volta per fare musica considerata di impegno sociale non è che bastasse prendere un argomento di attualità a caso e intesserci su quattro rime banali. Non voglio manco risalire agli anni '70, ma sono andato per curiosità a vedermi il cast del primo concertone, datato 1990.

Sì, vabbè...c'erano i Pooh, ma rispetto a Rocco Hunt siamo a seta vs. acrilico (e pure di scarsa qualità). C'era gente di cui si sono perse le tracce come i Rats (purtroppo) e i Panoramics (ma chi caspio erano). E poi c'erano gli Avion Travel, Pino Daniele, Miriam Makeba!

 E i Litfiba. Eh. C'erano pure i Litfiba. Che in quell'anno avevano sfornato El diablo, quindi erano già sostanzialmente in parabola discendente. Ma era ancora oro colato rispetto a quello che ci hanno propinato da Infinito in poi.

Comunque non dico ventiquattro, ma vent'anni fa sarei stato sotto quel palco a San Giovanni. Lo frequentavo, allora, il concertone. Credevo che fosse giusto esserci, sinceramente. Vent'anni fa forse avrei dato anche un po' di credito alle parole di Piero Pelù. Forse perché, come diceva uno che la sa un po' più lunga di me e di lui "a vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età". Ma sarei stato davvero a urlare infoiato anche se le parole fossero state così sceme?



Così sceme che (e c'era da metterci la mano sul fuoco) ha subito trovato la solidarietà di Andrea Scanzi. Uno che se c'è una cosa idiota da difendere, stai sicuro che è subito in prima linea. Poi ci ha piazzato lì anche una difesa di Vauro, così, giusto per far vedere quanto è indipendente. Intendiamoci, meno di due anni fa io non sapevo manco chi fosse. Mi capita di vedere il suo spettacolo su Gaber e dico "wow! Che bello, che bravo". Poi mi capita di cominciare a leggerlo qualche volta e di vederlo sempre più spesso in tv. E puntualmente mi è scesa la uallera, come dicono a Bressanone. Poi ho capito anche perché era così diverso da quello che vidi a Villa Arconati: era l'unica volta che non parlava di se stesso, come avviene di solito di qualsiasi cosa parli o scriva.

Ma torniamo dalla star dei polemisti di tempi poveri di menti alla ex rockstar. Un altro scritto, sempre sul Fatto Quotidiano, titola all'opposto: "ma perché non canta e basta?". Trovo che anche questo sia fuorviante. Almeno avrebbe dovuto essere "ma perché non si ferma al repertorio di vent'anni fa?" (anche di più. Se mi spara tutto Desaparecido io lo ascolto molto volentieri). Così ci risparmia tutta quella paccottiglia che ha messo in sieme da solista e dopo la reunion che fu supplicata da Elio un po' di anni fa. E mai auspicio fu più nefasto. Oddio...non che si potesse preferire "elettro-macumba/scatena il voodoo digitale" (brrrrrrrrrr).

Sinceramente, io ne ho le saccocce piene di predicatori da palco con le tasche piene. Ora che fa? Fonda un partito anche lui? Il discorsetto, preso nella sua interezza, mette dentro un po' di tutto. Sembra fatto con uno di quei generatori automatici che girano su facebook. La parte sugli 80 euro bollati come "carità" e Renzi "boy scout nipote di Gelli" sono da vene tremanti per la pochezza intellettuale. Tradotto, sono proprio stupide. In questa giornata Piero Pelù ha ottenuto quello che voleva, ovvero far parlare tanto di una carcassa senza più un briciolo di sincera anima rock, che fa il giudice nei talent show di prima serata, immolando la sua figura resa irreversibilmente patetica al Dio che aveva così efficacemente ritratto in questa canzone.

Le critiche "non entrano nel merito di quel che ha detto" bofonchiano in tanti. Dovrebbero ringraziare. Evitare di entrare nell'inesistente merito è un atto di generosità verso l'artista che fu. Solo l'insipienza di alcune reazioni scomposte nel Pd riescono a rivaleggiare alla pari con tanta pochezza. Come Alessandra Moretti che invita "comici e cantanti a fare il loro mestiere". Eh, no, belloccia mia. Comici e cantanti dicano pure quello che gli pare, se hanno qualcosa di intelligente da dire. Ci sono mille e un motivo per criticare Renzi e i suoi adepti di prima e ultima data. Coi fatti, non con le frasette a effetto. Ma se il cantante ha il solo scopo di attirare l'urlo facile, allora canti. O, in questo caso, anche no. Ma non per censura, ché altrimenti finisce che avrà ragione Alessandro Gilioli e questo fra trent'anni vince le elezioni.

martedì 29 aprile 2014

Ma ve l'hanno detto per chi votate?


La prima pagina del Giornale di domenica 27 aprile 2014 recitava così:

Se non dovesse essere sufficientemente chiaro il titolo, ribadiamo la prima parte del sommario Il Cavaliere parla dei lager e l'eurosinistra si scatena per nascondere la posta in gioco: dire basta alla Merkel.

Dunque, sorvoliamo sul fatto che al momento è più corretto definire Berlusconi ex Cavaliere, dati gli eventi che lo stesso house organ ha riportato naturalmente con toni diversi dall'arcirivale Fatto quotidiano.

Sorvoliamo pure sull'ennesima infelice uscita in tema di olocausto ("per i tedeschi i lager non sono mai esistiti), che ormai rientra nel novero dell'ampia collezione in merito, sottocategoria di una serie di sparate di cui s'è perso il principio e non si vede ancora la fine.

Soffermiamoci sul dire basta alla Merkel. Un traguardo che un po' tutti i partiti in lista alle prossime europee vogliono intestarsi. Sovente con poco diritto al farlo. Ma nel caso di Forza Italia...

Dal sito del Partito popolare europeo


Questi sono i partiti italiani che, nel Parlamento europeo, siedono nei banchi del Partito popolare europeo. Fa riferimento alle elezioni del 2009. Era un'epoca fa, quando esisteva il Popolo della libertà e non ne erano fuoriusciti nemmeno i Fratelli d'Italia che, quelli sì, hanno annunciato l'abbandono di codesta casa. Ma il nuovo-vecchio partito di Berlusconi non risulta voglia fare altrettanto e quindi condivide e condividerà gli scranni della Cdu della Merkel.

Dal sito del Partito popolare europeo

Non solo. Il nome che campeggia in alto a destra (quello di Jean Claude Juncker "rigorista" europeo che manco Johan Cruijff), come a tutt'oggi pare sapere un elettore su dieci o giù di lì, è quello del candidato presidente della commissione europea sostenuto da tutto il Ppe. La cui campagna elettorale è stata lanciata qui:


Al meeting della Cdu del 5 aprile. Accanto proprio a frau Merkel e, alla loro sinistra, David McAllister (a dispetto del nome, assolutamente tedesco e attuale governatore della Bassa Sassonia).

Juncker si è detto disgustato dalle parole di Berlusconi. E lo ha invitato a scusarsi con i tedeschi e i sopravvissuti all'Olocausto. Dovesse essere eletto, comunque, lo sarà anche con i voti di Forza Italia. La politica ha ragioni che noi umani non riusciamo a comprendere. Forse occorrerebbe essere un po' (tanto) strabici, per seguire i doppi binari sui quali si sviluppano fini strategie.

venerdì 25 aprile 2014

Uscito il decreto, smentito il peggio

Eh, caro Matteo. Dunque il decreto ce l'hai appioppato alla vigilia della Liberazione.

Cinquantuno pagine su smartphone sono una tortura alla quale non sento di volermi sottoporre.

Dal testo risulta, comunque, che i famigerati 80 euro siano 80 euro per tutti e, dunque, certe tabelle girate nei giorni passati fossero fuffa che in vari casi non è stata trattata con la dovuta cautela. Un punticino a tuo favore. Quelli contro, però, restan mica pochi. A cominciare dal fatto che questa è una fantastica misura perequativa, sì, ma per i primi anni '90.

martedì 22 aprile 2014

Scusate, mi son perso il decreto

Star tutta la notte svegli e andare a dormire alle 7.30 di mattina (per lavoro, mica per altro) è già un po' vivere in un altro mondo, ancor di più se ci si trova in un altro Paese rispetto al proprio.

Però l'elemento che mi fa sentire proprio alieno, quest'oggi, è un altro. Non vedevo l'ora che codesta giornata arrivasse per spulciare la Gazzetta Ufficiale e vedere finalmente messo nero su bianco quello che è già stato ribattezzato il "Decreto Irpef", pur contenendo molte altre cose, e sul quale mi sembra non si siano fatti grossi passi avanti nella discussione rispetto a quando è stato annunciato.

E invece ti vai a vedere il numero di oggi e...sorpresona: il decreto non c'è. E così la mia volontà di non commentare oltre l'argomento prima di averlo letto viene frustrata.

Ci sarebbe da immaginare una veemente reazione dell'informazione, che immagino tutta abbia la mia stessa curiosità. O a tutti gli altri è tutto chiaro, nonostante girino quantomeno due versioni del tutto contrastanti sull'applicazione del bonus in busta paga?

Niente anche qua, comunque. Mi aspettavo che, non dico la stampa più favorevole al premier, ma almeno il Giornale fosse pronto a sparare un colpo. E invece no:



Boh. Starà sfuggendo qualcosa a me. D'altronde in questi giorni dormo poco e solo di giorno. Sembra di stare in un altro mondo...magari al prossimo risveglio tutte le mie perplessità spariranno.