giovedì 8 maggio 2014

Guidi al conflitto di interessi, rigorosamente su mezzi Ducati energia

Sgombriamo il campo da un equivoco? Il conflitto di interessi non nasce con Silvio Berlusconi. È reso, senza dubbio, più macroscopico dall'essere contemporaneamente leader politico, padrone di una larga fetta dell'informazione italiana e da un po' pure condannato in via definitiva, ma altri conflitti più o meno evidenti (e mai affrontati) si celano in ogni rivolo della politica italiana.

Alcuni, non proprio di minuscola portata, sono stati sottolineati anche alla nascita del governo Renzi. Ieri ci ha pensato Guidalberto Guidi a ricordarcene uno, affermando candidamente che "senza Enel, Terna e Ferrovie dello Stato faremmo il 90% del fatturato all'estero". Tre aziende a controllo statale, dunque, sono fondamentali per la Ducati energia, società controllata dalla famiglia di cui fa parte anche Federica Guidi, attuale ministro dello Sviluppo economico che, per carità, dalla nomina ha rinunciato a tutti gli incarichi operativi. Pro tempore ("Doveva essere qui mia figlia, ma ha scelto di fare temporaneamente un altro mestiere, aspetto torni in azienda" ha detto ancora Guidalberto).

Ma...ha già firmato per degli ecoincentivi che certo non dispiacciono alla creatura presieduta da papà (che produce anche veicoli elettrici). E ora si appresta ad assistere dalla sua poltrona a un possibile ingresso in Borsa della medesima. Con qualche perplessità sollevata da Repubblica, con meno enfasi di quanto ci si sarebbe attesi dal Fatto. Vicenda vissuta con assoluto distacco dal Corriere della Sera.

Evidentemente fa molto meno notizia delle curve della Boschi, dello scontrino della Picierno e perfino di una foto sul suo profilo facebook della Bacchiddu (chapeau per aver messo a nudo non se stessa, che nuda non è, ma la pochezza pruriginosa di tanta informazione e opinione pubblica italiana). Ma non dovrebbero essere questi i motivi non dico per indignarsi un tanto a telecamera, ma per muovere delle serie critiche a un sistema che non pare proprio #cambiareverso?

Menzione speciale per il medesimo "pò" che campeggia sulla pagina di Repubblica


E Fatto quotidiano

probabilmente frutto di software di conversione da apostrofi di agenzia, ma ciò non giustifica. Se un giornalista venisse cacciato dall'Ordine non dico alla prima, ma alla quinta cappellata del genere, il problema della disoccupazione nel settore verrebbe risolto.

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